“Ma era vero, avevo un aspetto fiacco, a vedermi facevo cascare le braccia. Mangiare un piatto di spaghetti, o stendermi e morire, erano cose che avrei fatto con lo stesso slancio.”Cinico e disperato, grottesco e nichilista. Segnato da una sessualità parossistica, priva di erotismo e sentimento. Con una presenza diffusa e inquietante delle nuove tecnologie. “L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde” è insieme un romanzo breve e una raccolta di racconti. Un casellario di vite sbalestrate e disilluse, di personaggi attualissimi: adolescenti incerti, perdenti autoironici, uomini traditi, mogli incapaci, alcolizzati e disoccupati alla deriva. Gente dalla volontà svuotata e insolenti bastardi con una visione bislaccamente deforme del mondo. Narrazioni distorte e acide, in cui a prevalere è l’antagonista. Filo conduttore una inettitudine generale alla vita attiva nel nostro tempo. Ma se è vero che a trionfare è la negatività e nessun “amore”, o grande sogno, potrà aprire il lettore a false speranze, su tutto permane però l’ironia, impertinente, bizzarra e spassosa. Un’aria fresca e irriverente che dona colore a un libro traumatico e graffiante, profondamente ispirato all’Houellebecq di “Estensione del dominio della lotta” e a “Il solitario di Ionesco”.
mercoledì 20 dicembre 2017
Un libro da consigliare per Natale: Matteo Fais L'eccezionalità della regola e altre storie bastarde (Robin Edizioni)
domenica 17 dicembre 2017
Iran: medico Djalali condannato a morte Accusato di spionaggio, aveva lavorato in università piemontese - Amnesty International continua a trasmettere appelli alle autorità iraniane chiedendo l’annullamento della condanna
- Ahmadreza Djalali, il medico iraniano arrestato a Teheran lo scorso anno con l'accusa di essere una spia, è stato condannato a morte. Lo rende noto la senatrice novarese del Pd Elena Ferrara, tra le prime a mobilitarsi nei mesi scorsi a favore del ricercatore, che per quattro anni ha lavorato all'Università del Piemonte Orientale.
"La notizia ci è arrivata dalla moglie - dice la senatrice - e questa mattina è stata confermata dalla Farnesina. Ridaremo vigore alla mobilitazione, non ci arrendiamo".
Un principio elementare del diritto è che nei confronti di una sentenza emessa in primo grado sia possibile presentare appello e che la persona condannata e i suoi difensori siano tenuti informati sugli sviluppi del ricorso e possano seguire tutte le sue fasi. Lo prevede lo stesso codice di procedura dell’Iran. Ma nel caso di Ahmadreza Djalali, il ricercatore iraniano residente in Svezia e specializzato in Medicina dei disastri, questo principio non è stato rispettato.
Djalali è stato arrestato nell’aprile 2016 durante un viaggio di lavoro in Iran. È stato trattenuto nella prigione di Evin per sette mesi, tre dei quali passati in isolamento e senza poter incontrare un avvocato. Due mesi fa, a ottobre, Djalali è stato condannato a morte per “aver diffuso corruzione sulla terra”, in altre parole aver agito come spia. Secondo i suoi legali, il tribunale si è basato su prove estorte con minacce e torture (circostanze mai indagate) e la pubblica accusa non ha portato alcuna prova a conferma che l’imputato fosse una spia.
Amnesty International continua a trasmettere appelli alle autorità iraniane chiedendo l’annullamento della condanna a morte e che sia garantito a Djajali un nuovo processo, in cui egli possa davvero difendersi dall’accusa di essere una spia.
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