Sempre e per sempre contraddistinto da una scrittura tesa e
passionale, insieme personale e collettiva, autobiografica e civile,
calibrata e pure ardentemente vitale, Giovanni Maurizi riunisce in
questo poema-romanzo i due poli fin qui ben separati del suo lavoro
letterario, quello della lirica (debitrice al modello predisposto a suo
tempo dalla rivista “Officina”) e quello appunto del romanzo. Maurizi ha
dolorosamente somatizzato nella sua vicenda individuale i traumi del
mondo occidentale lungo i decenni a cavallo del millennio e trova in
questa esemplare Passione duplice il filo continuo e fortissimo di una
voce che sa intrecciare le slabbrature di un reale come il nostro
sospeso tra verità effettuale e virtualità. A sostenerlo in questo
tentativo fin che si vuole ambizioso eppure decisamente riuscito è una
serie di echi di altissimo profilo, dalla vicenda cristologica che
traspare in filigrana fino ai ripetuti echi danteschi del
poeta-personaggio-pellegrino, ribaditi dalla scansione in 33 parti di
questa che può a buon diritto considerarsi una nuova cantica infernale,
trasbordata nel cuore della nostra contorta contemporaneità.
Alberto Bertoni